Quando opportunità e inaspettati talenti si incontrano, l’ordinarietà e i suoi vecchi ruoli fanno spazio all’aria novità, che inconsciamente abbiamo respirato da sempre: Matteo Ferrari, il “grande passo” da direttore sportivo e il suo giovane viaggio nel ciclismo femminile.

9 febbraio 2018 - Si è dato al basket per anni e ha proseguito gli studi fino a laurearsi in archeologia, tenendosi a distanza di sicurezza dalla grande passione di famiglia: il ciclismo. Matteo Ferrari era, infatti, l’unico a non andare in bici, ma si è trovato ad abbandonare il suo ruolo di “pecora nera” quando la casualità ci ha messo lo zampino, presentandogli le persone e le occasioni giuste che l’hanno catapultato nell’universo del ciclismo femminile.



Classe 1985, è tra i più giovani direttori sportivi alla guida di un team UCI femminile - il Team Aromitalia Vaiano, la seconda famiglia che l’ha visto “nascere” e crescere.
Ora, dopo otto anni, interrotti da una breve pausa alla Top Girls Fassa Bortolo, è giunto il momento di ricambiare il debito per la grande chance ricevuta....

Quando e perché ti sei avvicinato al ciclismo ed in particolare al suo lato femminile?
Nonostante un'adolescenza interamente dedicata alla pallacanestro, sono sempre stato un grande appassionato delle due ruote: nella mia famiglia, infatti, il ciclismo rappresenta lo sport per eccellenza. Il mio approdo al femminile è stato, invece, del tutto casuale. L'amicizia decennale che mi lega al patron del Trofeo Alfredo Binda di Cittiglio, Mario Minervino, mi ha consentito di conoscere questo mondo nell'ormai lontano 2010 e, proprio durante quell'edizione della prova di Coppa del Mondo, ho avuto l'occasione di incontrare il mio attuale presidente Stefano Giugni, che non ha esitato a darmi una possibilità di crescita lavorativa nel Team Vaiano, all’epoca una neonata formazione UCI toscana, che è diventata per me come una seconda famiglia.

Com’è iniziata la tua esperienza da direttore sportivo?
Inizialmente sono entrato a far parte della squadra con compiti prettamente amministrativi, ma, dopo poco tempo, il presidente Giugni mi ha spinto a fare il "grande passo" per diventare direttore sportivo.
Non è stato un percorso semplice, soprattutto per chi come me non ha mai corso in bicicletta in vita sua. Tuttavia, credo che gli studi umanistici mi abbiano regalato quell'elasticità mentale utile a sopperire a questa mancanza.

Ci racconti il tuo debutto con il Team Aromitalia Vaiano?
La mia "prima" da direttore sportivo alla guida dell'ammiraglia del Team Vaiano è stata davvero indimenticabile, in quanto ha avuto luogo al Campionato Italiano del 2014 che si è svolto proprio sulle strade della mia Varese.
Non smetterò mai di essere grato al mio presidente per aver sempre avuto fiducia in me e nelle mie potenzialità. Negli anni successivi ho fatto ancora un po' di gavetta, prima di dedicarmi dal 2016 praticamente a tempo pieno a questa splendida attività.

La tua giovane età, in che modo ti aiuta nel tuo ruolo di allenatore e, se lo fa, in che modo ti ostacola?
Nelle ultime due stagioni c'è stato finalmente un sostanziale ricambio generazionale nel ciclismo femminile. Fino a qualche anno fa, incontravo alle riunioni dei direttori sportivi, unicamente persone che avrebbero potuto essere tranquillamente i miei genitori, mentre adesso ci sono fortunatamente diversi miei coetanei che stanno trovando il meritato spazio. Mi riferisco, ad esempio, a Matteo Filipponi, Alexandra Greenfield ed Hans Timmermans.
La mia giovane età non mi ha mai comunque creato eccessivi intralci. Qualche volta mi viene forse spontaneo dare un po’ di confidenza alle mie atlete, ma non mi sono mai preoccupato eccessivamente di tutto ciò, in quanto sono convinto che alla base di un buon rapporto lavorativo ci debba essere una solida amicizia e stima reciproca.

Consiglieresti di intraprendere la tua stessa carriera? Quali ritieni i pro e i contro di questo incarico?
Non ho mai avuto rimpianti per avere intrapreso questa carriera, anzi, ho ancora una grandissima voglia di crescere e di togliermi importanti soddisfazioni.
Fare il direttore sportivo non è semplice, ve lo assicuro: si è infatti responsabili sotto ogni aspetto di un gruppo di 8-10 persone e tutto deve sempre essere perfetto, altrimenti sono guai. Detto ciò, si tratta di una lavoro molto stimolante, che consente di conoscere numerose persone e di girare tutto il Mondo. L'unico difetto che ho riscontrato in questi anni sta, invece, nel fatto che spesso questa attività ti induce a sacrificare la famiglia e gli amici: nel ciclismo moderno si resta, infatti, fuori casa per un centinaio di giorni l'anno e quando si è di riposo bisogna già essere focalizzati sulla trasferta successiva.

Esistono degli obblighi da rispettare dopo aver seguito l’iter di formazione tecnica? Un allenatore come si aggiorna per stare al passo con le nuove metodologie di allenamento?
Sono dell'idea che la formazione e soprattutto l'aggiornamento, che in Italia ricordo essere obbligatorio a cadenza biennale, stiano alle basi di questo lavoro. Il ciclismo è uno sport in continua evoluzione e chi si ferma è decisamente perduto. A tal proposito, nelle scorse settimane ho frequentato il corso da direttore sportivo WorldTour organizzato dall'Unione Ciclistica Internazionale ad Aigle. Le lezioni sono state molto impegnative, ma allo stesso tempo interessanti: abbiamo affrontato argomenti più disparati come, ad esempio, l'amministrazione di un team, i regolamenti di corsa, il mental coaching e la legislazione antidoping.

Come programmi e con che modalità svolgi gli allenamenti? Utilizzi allenamenti personalizzati e con che tipo di strumentazione?
A tal riguardo devo fare un’importante premessa. Nel ciclismo moderno, a mio avviso, un direttore sportivo non deve ricoprire per forza il ruolo di allenatore delle proprie atlete.
A Vaiano abbiamo sempre dato la possibilità alle nostre ragazze, qualora ne sentano la necessità, di farsi seguire dal proprio preparatore atletico di fiducia ed, in tal caso, come Società abbiamo unicamente il ruolo di supervisionare il loro operato. Alcune atlete decidono, invece, di farsi seguire direttamente da noi tramite tabelle di allenamento rigorosamente personalizzate che vengono inviate loro con cadenza mensile.
In concreto al momento stiamo iniziando ad affinare la preparazione atletica delle nostre atlete in vista dell'ormai imminente esordio stagionale, dopo un impegnativo periodo di carico di lavoro che ha avuto luogo nel mese di gennaio.

Nonostante i numerosi giovani appassionati, il ricambio generazionale nei direttivi, nelle gestioni e nelle organizzazioni ciclistiche è senza dubbio uno dei problemi che esistono e che riguardano l’intera macchina del mondo delle due ruote Italiano, influendo sul suo movimento. Quali sono le cause secondo te e in che modo lo si dovrebbe risolvere?
La causa della stagnazione di molti ambiti del nostro ciclismo risiede a mio avviso nel mancato ricambio generazionale dovuto alla pigrizia di alcuni dirigenti che non hanno voluto investire nei giovani nei primi anni del nuovo millennio. Tuttavia numerosi ragazzi con tanta voglia di fare si stanno affacciando al mondo delle due ruote: mi auguro che i dirigenti del nostro pedale abbiano finalmente il coraggio di investire sul loro entusiasmo e sulle loro capacità.
Un ricambio generazionale sta avvenendo senza dubbio sia livello federale, sia all'interno dei team, mentre la situazione mi sembra più problematica tra gli organizzatori di corse ciclistiche, dove a volte purtroppo ci troviamo dinnanzi a situazioni davvero imbarazzanti.

Quali sono le caratteristiche che ritieni fondamentali nei rapporti allenatore-ciclista e allenatore-squadra?
Le caratteristiche fondamentali per avere un buon rapporto tra direttore sportivo ed atleta sono il rispetto dei ruoli ed il dialogo.
In questi anni ho sempre lavorato per ottenere il massimo rispetto dalle mie atlete, cercando di dimostrare loro competenza ed una totale dedizione alla causa della squadra. Solo così un direttore sportivo potrà essere ascoltato e seguito dal gruppo in allenamento e soprattutto in corsa.
Quando una mia atleta commette, invece, un errore tattico, oppure si crea una divergenza, sono solito parlarne con estrema calma, spiegando i miei punti di vista. Non è nella mia indole alzare i toni: preferisco decisamente intraprendere un dialogo costruttivo.

Sempre più spesso i giovani si ritrovano nella condizione di doversi accontentare, accettando ruoli che calzano stretti o che non calzano proprio... Credi che lo sport in generale e in particolare il ciclismo, consentano alle ragazze e ai ragazzi d’oggi di dimostrare il proprio valore?
Sono del tutto convinto che il ciclismo “clientelare” di qualche anno fa non abbia più modo di esistere. Il nostro sport si sta, infatti, affacciando su un nuovo orizzonte, sempre più professionale e meritocratico, dove conta unicamente il valore tecnico del corridore. A sostegno di ciò, nelle scorse ore abbiamo diramato le prime convocazioni stagionali: nella nostra squadra corre chi sta meglio e chi va più forte, non esistono altri criteri di selezione, e sono convinto sia così in ogni ambito professionistico.

Da un calcolo grossolano eseguito con i dati del tesseramento federale di tutte le discipline, le atlete iscritte nella categoria donne Open sono state 432 nel 2017 (241 Élite e 191 Junior), contro le 493 del 2016 (289 Élite e 204 Junior). Come valuti questo calo di “unità”?
Questi dati non mi stupiscono affatto e penso che questo calo ormai endemico delle tesserate sia dovuto principalmente all’assenza di un calendario nazionale adeguato.
Per non correre il rischio di rovinare la crescita sportiva di un’atleta, normalmente questa ha bisogno almeno di una stagione di ambientamento tra le élite prima di essere proiettata nel calendario WorldTour. In Italia abbiamo, purtroppo, in programma una decina di corse Open destinate alle più giovani e questa situazione provoca senza dubbio una mancanza di stimoli che spesso porta numerose atlete alla sofferta decisione di appendere la bicicletta al chiodo.

Da Direttore Sportivo di un team femminile e da uomo, cosa pensi del fatto che nel nostro Paese una donna non possa scegliere la carriera del professionismo sportivo e che le grandi prestazioni ed i bei risultati che il mondo del ciclismo rosa non siano abbastanza in fatto di parità di diritti e di opportunità?
Sinceramente non conosco la situazione di altre realtà sportive, ma a malincuore mi sento di affermare che in Italia non siamo ancora pronti per rendere il ciclismo femminile uno sport professionistico al 100%.
Qualora venissero imposti dei minimi salariali, rimarrebbero in vita nel nostro Paese due o tre formazioni con una conseguente drastica diminuzione delle atlete in attività: sarebbe un danno non indifferente per tutto il nostro movimento che si vedrebbe ridotto ad una ventina di unità.
Tuttavia negli ultimi anni ho assistito ad una crescita esponenziale del ciclismo femminile, sia a livello di professionalità delle squadre, sia a livello di marketing e comunicazione. Numerosi organizzatori hanno iniziato ad affiancare alle grandi classiche del ciclismo maschile una prova riservata alle donne ed a parificare i montepremi tra le due categorie.
Siamo sulla strada giusta, stiamo ottenendo grande visibilità sui media, ma per avere un ciclismo femminile professionistico ci vorranno ancora alcuni anni di crescita in modo da spingere nuovi sponsor ad investire nel nostro prodotto.

Come convinceresti uno sponsor a investire sul ciclismo femminile?
Per quanto riguarda gli sponsor credo che per convincerli serva fare un calendario molto "internazionale", in modo da dare più visibilità possibile ai loro brand.

È confermata anche per la prossima stagione la tua collaborazione tecnica con il DS Paolo Baldi. Qual è o quali sono il/i collante/i della vostra leadership?
Con Paolo esiste un rapporto di amicizia e stima davvero unico. Sono ormai diverse stagioni che lavoriamo insieme, sia a Vaiano, sia al fianco di Rasa Leleivyte nella nazionale lituana.
Paolo rappresenta per me un vero e proprio punto di riferimento e non finirò mai di ringraziarlo per tutti gli insegnamenti che mi ha dato.
Il nostro collante è rappresentato senza dubbio dal desiderio comune di arrivare alla vittoria: lavoriamo 365 giorni l’anno con quell’obiettivo in mente senza stupide gelosie e sempre con il sorriso sulle labbra.

L’esperienza aiuta a crescere...
In cosa siete cresciuti come team e in cosa ti senti maturato tu?
Fino a qualche stagione fa eravamo visti come la formazione Cenerentola del ciclismo femminile, ma negli ultimi due anni siamo riusciti a fare qualcosa di davvero straordinario. Abbiamo portato la nostra squadra stabilmente nelle prime 25 posizioni del ranking mondiale e, soprattutto, siamo riusciti a dare al nostro team un’organizzazione ed una professionalità che poche squadre al Mondo possono vantare.
Personalmente, credo di avere avuto una crescita esponenziale proprio nell’ultima stagione. Al termine del 2016 ho deciso di lasciare Vaiano e di accettare una proposta di collaborazione con la Top Girls, dove mi sono trovato subito in piena sintonia con un vero e proprio guru del ciclismo femminile come Lucio Rigato. Approdare in un ambiente per me totalmente sconosciuto mi ha fatto maturare molto e, soprattutto, mi ha costretto a prendermi delle importanti responsabilità. A fine aprile per motivi di carattere personale ho dovuto però rassegnare le mie dimissioni, seguite poche settimane dopo dalla scelta di tornare a Vaiano, là dove tutto era iniziato. Quando ho lasciato Spresiano ho ricevuto comunque diversi attestati di stima ed anche lo splendido rapporto instaurato con Rigato (ci sentiamo tuttora spesso per discorsi mai banali) mi ha convinto della bontà del mio lavoro e di essere sulla strada giusta.
Dal punto di vista organizzativo mi sento pronto ad affrontare qualsiasi evenienza, mentre devo ancora crescere dal punto di vista tattico, ma il tempo è dalla mia parte.

Quali sono le novità per la stagione ormai alle porte? Quali le aspettative?
Dal punto di vista della formazione abbiamo confermato le nostre tre atlete di punta - Rasa Leleivyte, Nicole Nesti e Lija Laizane, arricchendo, inoltre, il roster con due ragazze di grande valore come Michela Balducci ed Angelica Brogi.
Grazie ad un ottimo lavoro intrapreso durante l’inverno, siamo poi riusciti ad approntare un calendario di tutto rispetto e, quindi, mi aspetto dalle mie atlete impegno assoluto e vendere cara la pelle ogni volta che attaccheranno il numero al telaio della bicicletta.
C’è, infine, il sogno di poter finalmente regalare una vittoria al mio presidente Stefano Giugni: se la merita per tutto il tempo e la passione che dedica ogni giorno alla sua squadra. Stefano ha, inoltre, deciso di puntare su un perfetto sconosciuto nel 2010, ha fatto di tutto per riavermi in squadra lo scorso anno ed è giunto quindi il momento di sdebitarmi….

Certo è che credere nei propri sogni è il punto di forza capace di fare la differenza e, con l’apertura della stagione ormai alle porte, auguriamo a Matteo di riuscire a coronare il suo desiderio e di continuare il suo appassionante percorso tra le due ruote rosa con il sorriso stampato sul volto.

Il Team Aromitalia Vaiano esordirà il prossimo 3 marzo alla Strade Bianche.
In bocca al lupo e buon lavoro alle ragazze e a tutto lo staff!

Ilenia Milanese
cicliste.eu

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