Ci sono passioni che entrano nel cuore e non escono più, rimangono al loro posto in silenzio, poi, il tempo che passa le plasma e le trasforma nella veste più adatta per farle risaltare fuori al momento giusto. Perché, si sa, quello che abbiamo nel cuore ci emozionerà per sempre e prima o poi trova il modo di accorciare le distanze che gli abbiamo dato. Una scelta di vita ha messo la parola ex davanti a ciclista, ma poi, il grande amore per le due ruote, è uscito di nuovo allo scoperto e ora, Cinzia Faccin è una mamma - DS.


20 aprile 2018 - Il passato è pur sempre un maestro e lo è ancor di più se a raccontarlo sono direttamente le protagoniste.È questo pensiero, a cui si è aggiunta tutta la nostra curiosità, che ha portato alla nascita di una nuova rubrica, completamente dedicata alle ex cicliste.

Ad inaugurarla è proprio lei, Cinzia Faccin. Classe 1975, l’avevamo incontrata nello scorso mese di ottobre, quando il nostro viaggio nel mondo delle due ruote rosa aveva fatto tappa al 1° Festival del Ciclismo - The Cycling Night. Durante quella divertente occasione avevamo portato con noi una valigia quasi vuota e il grande desiderio di riempirla, pedalata dopo pedalata. Ora è arrivato il momento di Cinzia che è salita in sella con noi, accettando di aggiungere la sua storia al nostro bagaglio, raccontandoci i suoi anni dedicati al ciclismo, le sue esperienze passate, le vittorie e le delusioni, quell’oro mondiale sfuggito da junior e ancora, quello che la vita da ex le ha regalato e le nuove emozioni che il mondo delle due ruote le sta offrendo.

“Mi chiamo Cinzia Faccin e sono di Vicenza.Ho iniziato a pedalare fin da quando ero piccola.... Abitavo in collina e per spostarmi ero costretta a fare ogni giorno tre chilometri di salita in bicicletta per tornare a casa. Qualche volta mi attaccavo ai finestrini dell’auto dei miei genitori per essere trainata....

Gli esordi con la Mainetti Eddy Marino
Mia madre era un’assistente socio-sanitaria e mio padre un infermiere, due genitori con la cultura di praticare uno sport sano. Così, appoggiata anche da loro, nel 1984 ho iniziato a praticare il ciclismo gareggiando per la Mainetti Eddy Marino, società ancora oggi presente con le categorie giovanissime ed esordienti nel vicentino.In quell’anno ho esordito con mio fratello, facendo gare per puro divertimento e portando a casa quasi tutte le domeniche coppe, medaglie e premi in generale.Con questa squadra ho trascorso parecchi anni piacevoli e spensierati, durante i quali anche i nostri genitori erano riusciti a formare una stupenda compagnia.

Da Esordiente e Allieva
Nel 1988-‘89, nella categoria esordienti, ho corso con la Sandrigo Sport, poi nei due anni successivi (1990-‘91), da Allieva, sono passata al Veloce Club Schio, formando il primo gruppetto femminile. Gareggiavamo nel Triveneto, guidate dal D.S. Franco Panni, che ricordo una persona autorevole... si sapeva far ascoltare! Anche con lui ho fatto parecchie vittorie, oltre ad aver conquistato la maglia regionale e quella provinciale (quest’ultima vestita anche da Esordiente). 

Una Junior della SC Palladio in Nazionale
Da Junior, nel 1992 e 1993, ho affrontato nella S.C. Palladio la stagione con maggior impegno e,a fronte degli importanti risultati, sono entrata nella Nazionale. Con la Rosa Azzurra abbiamo gareggiato soprattutto all’estero, dirette dal C.T. Norberto Radaelli.

La preparazione dei Mondiali Junior su strada di Perth (Australia) del 1993
Con una troupe preparatissima è stato formato il quartetto per i Mondiali a Perth in Australia: Silvia Bordignoni, Samantha Rizzi, Chiara Mariani ed io... eravamo un gruppo affiatato. Oltre ai vari ritiri di preparazione e ai vari test, abbiamo partecipato al Giro di Svizzera e alle gare in Repubblica Ceca.In quel periodo ricordo di aver vinto la gara Nazionale a Crema, quella della Madonna del Ghisallo e di essere arrivata terza a Okinawa in Giappone... poi molti secondi posti, troppi!

L’oro iridato... ad un soffio
La corsa in linea al Mondiale in Australia si svolgeva su un percorso senza un metro di pianura, ma eravamo preparate.Ho perso al fotofinish per pochissimo. La francese Chevanne Brunel ha vinto l’oro ed io ho perso il titolo di Campionessa del Mondo!!!
Quell’argento è stato un altro secondo posto e ho sempre pensato che fosse stato comunque il destino... questione di un centimetro..., ma è andata così.

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Il passaggio a élite nella Cerrini 

Nel 1994 sono passata Élite e ho abbandonato gli studi, iniziando a fare la vita da atleta. Mi sono trasferita in Toscana per correre con una squadra di Bagni di Lucca che si chiamava Cerrini. I chilometraggi erano cambiati, le atlete élite erano molto preparate e si facevano gare internazionali con le più forti al mondo tutte le domeniche.Ricordo in quel periodo Alessandra Cappellotto, Valeria, la sorella, Imelda Chiappa, Fabiana Luperini... Correvano e andavano forte ed era diventato difficile vincere.Ero comunque soddisfatta dei miei piazzamenti, fatti anche nelle gare a tappe come il Giro d’Italia, il Tour de France e il Giro del Trentino, dove ho vestito la maglia delle giovani per parecchie tappe.

La scomparsa del tifoso numero e lo stop
Nel 1996 la tragedia in famiglia. All’epoca correvo per l’  e abitavo con delle ragazze russe, atlete dell’est molto competitive, alla loro prima esperienza con una squadra italiana. Per un incidente, mio padre, che mi seguiva sempre e ovunque, era stato ricoverato prima in rianimazione, poi però era venuto a mancare.... Ancora oggi di quel periodo posso dire di avere un vuoto di memoria. Ciò che ricordo è il dolore mio e dei miei familiari, oltre all’impegno e alle responsabilità di cui ho dovuto farmi carico per aiutare i miei fratelli più piccoli e mia mamma che era, oltretutto, malata.

Di nuovo in sella nel 1997
Dopo un anno di problemi organizzativi rimediati, avevo voglia di mettermi ancora in gioco... mi mancava il tifoso principale, ma desideravo farlo soprattutto per lui. Ho ricominciato a pedalare nell’agosto del 1997, sempre con l’H2O di Cornuda. La squadra era per metà Italiana e per metà straniera, ma, tra compagne, nonostante le mentalità differenti, umanamente riuscivamo a capirci e a rispettarci. Non tutte, però, riuscivano ad integrarsi e alcune poi cambiavano squadra.A settembre di quell’anno sono arrivata seconda a Schio e ho vestito la maglia regionale. 

Con la nuova Alfa Lum
Nel 1999 ho cambiato team andando all’Alfa Lum, una società di Imola con sede a San Marino.Anche qui molte compagne di squadra erano straniere: tedesche, russe, spagnole. Le Italiane eravamo, io, Simona Grossi, Paola Ferretti, Sonia Rocca, Sonia Ugolini e Daniela Veronesi. Il nostro Direttore sportivo era William Dazzani, un ex ciclista.Quell’anno era il primo anno di quella società e non dovevamo dimostrare nulla a nessuno, dato che gli sponsor non pretendevano, ma, divertendoci, avevamo raggiunto tutte una grande forma atletica e, alle porte del Giro d’Italia, si poteva andare per vincerlo con Somarriba Joane Arrola, la spagnola, e così è stato.Però a quel Giro non ho partecipato, a luglio di quello stesso anno, infatti, dopo aver partecipato a due Tour de France e ad altri sei Giri d’Italia, ho deciso di smettere di correre.

La nuova vita da ex
Dopo il mio ritiro ho trovato lavoro. Ho aperto un negozio di abbigliamento e mi sono impegnata come titolare in una cosa che comunque mi dava soddisfazione. Fuori dall’ambiente del ciclismo, ho trovato un fidanzato eccezionale, Giampaolo. È anche lui uno sportivo, corre a piedi, ma non fa gare. Ci siamo sposati e, dopo tre anni, abbiamo avuto una bambina, Martina, che ora ha quasi otto anni. Mio marito mi ha dato una famiglia e una vita serena e mia figlia mi dà gioia di fare tutto.

Guardando il ciclismo da mamma...
Martina ha avuto modo di vedere delle gare di ciclismo e ha acquisito una passione per la bici tremenda.... Quest’anno ho iniziato a farla correre con il GS Mosole, proprio come me da piccola, entrando di nuovo, con lei e suo padre, a far parte del mondo del ciclismo. Al di là dei risultati, l’augurio iniziale era quello di formare un gruppo di amici con cui ripercorrere la bellezza degli anni vissuti da piccola e di arricchire la mentalità chiusa che molte volte nei piccoli paesi si ha. La speranza di viverla con lo stesso divertimento si sta esaudendo... mia figlia impara delle cose nuove nell’ambiente del ciclismo e cresce! Questo, a detta anche delle insegnanti, si rispecchia anche a scuola, quindi, chiaramente, noi genitori ne siamo doppiamente contenti.Penso che fare uno sport all’aria aperta sia sicuramente salutare, dato che questi bimbi, a differenza nostra, dovranno passare un terzo della loro vita a studiare.

... e da Direttore Sportivo
Nel frattempo ho deciso di dedicarmi all’allenamento dei bimbi per poter dare il mio contributo portando la mia esperienza e seguendo da vicino mia figlia. Così, oltre ad aver trovato una compagnia di mamme e papà formidabili, nel GS Mosole è iniziata la mia prima esperienza da Direttore sportivo, affiancando Luca Pavanello e Mauro Deon che mi insegnano a gestire e ad allenare 44 bimbi giovanissimi.
Penso di aver scelto la squadra migliore per noi e devo ringraziare una presidente come Mara Mosole che rende possibile tutto questo.

Il ciclismo e lo sport 
Il ciclismo, ma penso anche altri sport, ti insegna (e mi ha insegnato) ad affrontare anche le cose più brutte, a fermarti a ragionare per poi reagire. Ti insegna a non avere paura di cadere quando la strada si fa dura, ad aver rispetto delle persone perché, viste da varie angolazioni, c’è sempre il lato negativo e anche quello positivo.Vorrei trasmetterlo a mia figlia e ai bambini che insieme a lei vanno nel campo di gara ogni domenica.”

Cosa ti ha spinta ad accettare di raccontarci la tua storia?
Voglio raccontare la mia storia perché mi sento fortunata ad aver incrementato il mio bagaglio di esperienza grazie al ciclismo.
La bicicletta faceva parte della tua vita prima che decidessi di iniziare a gareggiare. Qual è stato il fattore decisivo che ti ha fatto iniziare concretamente a pedalare?È stata dei miei genitori l’iniziativa, poi però gareggiare, mettermi alla prova e in competizione ogni domenica in uno sport così faticoso mi dava emozioni che volevo ripetere.

L’essere partita in compagnia di tuo fratello ti ha agevolata? Lui poi, ha continuato a pedalare?
Partire insieme a mio fratello Davide è stato ideale. Insieme ci si poteva allenare e far compagnia, poi lui ha preferito il calcio con i suoi compagni di classe e ci siamo divisi.
Quali sono i pro e gli eventuali contro di realizzare importanti risultati sportivi già da piccoli? Credo che raggiungere risultati da piccoli aiuti sì, ma non sono certo indispensabili. Le basi si creano anche senza le vittorie, infatti, penso che quando ognuno è soddisfatto e migliora la propria prestazione sia segno di crescita personale.

Oltre alla strada, negli anni, ti sei dedicata ad altre discipline? Se sì, quali, se no, perché?
Ho fatto anche della pista, ma sempre come allenamento per la strada e l’ho trovato un diversivo affascinante, però da approfondire e a cui dedicarsi completamente.

Da Junior il tuo ingresso in Nazionale e la tua partecipazione ai Mondiali di Perth nella gara in linea dove hai sfiorato l’oro... ci racconti e ci fai rivivere l’esperienza?
Strada facendo le gare me le sentivo sempre più mie e aumentava la mia consapevolezza di poter migliorarmi, ma anche girare il mondo ????. Far parte della Nazionale è sempre un grande onore, ma addossarsi certe responsabilità, aumenta anche l’impegno. Ho sempre gareggiato anche con la maglia Azzurra seriamente e ho dato il massimo.A Perth ho partecipato alla gara su strada. Il percorso era nervoso e non esisteva un metro di pianura, tutto un saliscendi che, nel caso fosse uscita una fuga, sarebbe stato impossibile riprenderla. Io avevo, come tutte le altre, una grande forma fisica, ma il percorso era anomalo... in Italia sono rare le corse di quel genere. Comunque ho corso sempre nelle prime tutta la gara, durante la quale il gruppo si è sfilato man mano ad ogni strappo. Infatti, ricordo rettilinei di discesa e salita e nient’altro. Siamo arrivate in 15 in volata, ma seppure di 2 secondi sono stata anticipata allo sprint finale in salita ed è proprio lì che ho perso di un centimetro il Mondiale.

Meglio un uovo oggi o una gallina domani?
Meglio un uovo oggi per una gallina domani.Da piccoli costanza e divertimento..., da adolescenti impegno e divertimento e, se il motore resiste, si decolla. Credo che per raggiungere certi obiettivi sia importante essere costanti e sempre a certi livelli.

Il tuo ingresso tra le élite ha rivoluzionato la tua vita facendoti cambiare casa e mettendoti a confronto con ragazze molto forti, compagne di squadra straniere, chilometraggi e tipologie di gare differenti. Qual è stata la difficoltà maggiore da superare?
Diciamo che il trasferirsi altrove non è sempre semplice. Cosa molto importante sarebbe avere i propri affetti sempre vicino... e questa è nel ciclismo la difficoltà maggiore. Sicuramente, instaurando un rapporto di amicizia tra colleghe atlete, un po’ la mancanza si riduce.

Il confronto con delle ragazze di Nazionalità differenti è sicuramente stato un fattore di crescita personale. Qual è stata la tua esperienza più positiva e perché?
Il ricordo più importante che riguarda le mie compagne di squadra straniere riguarda la complicità che c’era tra connazionali. In più, si differenziavano per la loro mentalità di vere atlete sin da piccoline... noi italiane lo prendevamo più come un gioco.

Sulle due ruote, chi era la tua più grande amica?
Ho sempre avuto tante amiche, ma in particolare alcune più vicine come Chiara Barbiero, Greta Zocca - amica/rivale, Nadia Molteni - compagna di squadra Toscana. E ancora Edita Pučinskaitė, Diana Žiliūtė, Sonia Rocca.

Chi l’avversaria più temuta?
Forse la più temuta era Greta Zocca, me la beccavo sempre. Lei, vicentina come me, era velocista pura, mentre io, sempre velocista, tenevo anche le salite corte. Abbiamo partecipato a moltissime gare contendendoci lo sprint.

Il direttore sportivo che ti ha aiutata di più come atleta? E come donna?
Il direttore sportivo che mi ha fatto fare un salto di qualità è stato Guido Fabris nella S.C. Palladio di Vicenza. Sono stata seguita da lui, staccandomi dai genitori. Poi Gianfranco Miele nella Cerrini di Bagni di Lucca.

Dopo aver fatto per tanti anni la ciclista, ti sei dedicata al commercio. Dal punto di vista strettamente lavorativo, come valuti le due esperienze?
Le cose cambiano, l’età avanza e comunque ho sempre sentito l’esigenza di provare a fare ciò che mi piaceva.Una volta che diventi ciclista penso non ti faccia più paura nulla, neanche il diventare imprenditore. Infatti, non è stato difficile, ma solo normalmente impegnativo, essendo stato per me un nuovo settore. Non posso dire di aver trovato grossi intoppi cambiando, ma il ciclismo quando ce l’hai nel cuore non puoi non praticarlo. Infatti, ora come ora, lasciato il commercio un po’ in crisi (ho tenuto il negozio per 10 anni per poi dedicarmi a fare la mamma a tempo pieno), sono tornata nel ciclismo!

Nella vita è più facile giocare che rimettersi in gioco. È più rischioso cambiare o stare fermi?
Se si hanno le possibilità, bisogna rischiare e pensare che comunque vada è esperienza.
Il ciclismo è lo sport per eccellenza con la capacità di creare legami indissolubili con la propria terra.

Esiste un luogo a te ciclisticamente caro?
La Toscana, la meta del mio primo trasferimento vero e proprio come abitazione durante il primo anno da élite. Condividevo tutto con le mie compagne della Cerrini ed ero affidata ad una troupe seria di persone competenti. In quel periodo mi innamorai di quella bellissima terra e della gente che ci vive, che ha un grande cuore.

Dopo il tuo ritiro, il ciclismo è scomparso dalla tua vita o ne ha sempre fatto parte?
Non frequentando più l’ambiente gare, ho appeso al chiodo la bicicletta per una decina di anni. Ma anche nel periodo in cui mi sono dedicata alla famiglia e al lavoro non riuscivo a non fare sport, anche se non bici.

Ora stai iniziando a vivere il mondo delle due ruote da un’altra prospettiva, in cosa lo vedi cambiato (in generale e nel suo settore femminile)? In cosa credi sia rimasto lo stesso?
Non lo vedo molto cambiato... la mentalità è sempre quella e a volte, dopo 15 anni, ci sono le solite facce. Il mondo femminile in realtà non lo frequento, ma ho amiche che mi raccontano... credo che sarebbe opportuno fare avvicinare persone nuove, diverse. Poi altro non so.

Se tua figlia Martina un giorno ti dicesse: “Mamma, voglio fare del ciclismo la mia professione.”, cosa le diresti e quale sarebbe il tuo primo consiglio?
A Martina direi: “Cerca il modo di far combaciare istruzione, sport e famiglia”. Io sarei sempre disponibile per aiutarla.

Qual è il più bel ricordo dei tuoi anni trascorsi in sella alla tua bicicletta?
Non ce n’è uno in particolare, ma conservo dei bei ricordi di quasi tutte le categorie o per le amicizie, per lo staff o per i risultati...! Di tutta la mia carriera ciclistica indimenticabile è stato il 1993, anno in cui mi sono tolta molte soddisfazioni, quali vittorie in volata in salita, piazzamenti e il secondo posto al Mondiale.

Quale, invece, quello semplicemente più bello della tua vita?
In ambito familiare i ricordi più belli sono quelli legati al mio matrimonio e alla nascita di mia figlia.

Ti va di fare la tua nomination e la motivazione?
Greta Zocca, la rivedo ogni tanto in giro... e anche lei allenava una squadra di donne. Ora mi sembra sia uscita dal ciclismo.

Ilenia Milanese
cicliste.eu
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