Vercelli, 16/04/2018 - Come nasce la passione per il ciclismo? A volte prende vita per puro caso, inizia come un semplice passatempo poi si trasforma in un’abitudine, quindi in una valvola di sfogo e poi ancora in una voglia ed in un bisogno irrefrenabile di stare in sella ad una due ruote. Così è iniziato il lungo viaggio in punta di pedale di Francesca Pattaro, la portacolori del team Bepink.Vercelli. 


Iniziamo da come e perché hai iniziato ad andare in bici.
Sinceramente è nato tutto per un mio bisogno. Vedevo i miei compagni che facevano sempre movimento, si divertivano ed erano in forma fisicamente. Tutto l’opposto di come ero io: studiavo veramente poco, mangiavo parecchio e male, non facevo alcun tipo di sport. Fu così che decisi di iniziare ad andare in bicicletta. Dapprima mi sembrava una semplice attività fisica, poi piano piano mi è entrata dentro ed è diventata una vera e propria passione.

Avresti mai pensato di raggiungere il livello al quale sei giunta ora ed i risultati che hai ottenuto?
Forse quando ho iniziato no, ma sono dell’idea che se si sanno porre degli obiettivi giusti e precisi ci si può arrivare. Penso che nella vita come in qualsiasi sport non basti porre traguardi generali tipo il classico “voglio vincere”.
È vero che si deve voler vincere, ma cosa? Serve essere meticolosi, convinti, sinceri con se stessi su dove si vuole veramente arrivare e fare di tutto per ottenerlo. Serve trovare il proprio equilibrio e impegnarsi a raggiungerlo passo dopo passo.

Grazie a ciò hai raggiunto molti traguardi tra cui anche la partecipazione ai giochi olimpici di Rio 2016. Cosa ci puoi raccontare di questa tua esperienza olimpica?
È stata la realizzazione di un grande sogno, il sogno di ogni atleta. Ho saputo veramente all’ultimo, ossia pochi giorni prima della partenza, che vi avrei partecipato. Fa sorridere raccontarlo, ma l’ho scoperto al telefono con mia mamma. Ero in ritiro a Montichiari in vista del campionato Europeo che si sarebbe tenuto da lì a pochi giorni; come ero solita fare ho chiamato a casa e ricordo come fosse oggi che mia mamma disse che erano arrivati due scatoloni da parte della Federazione. Le chiesi di aprirli subito e di controllare se sugli indumenti vi erano i cerchi olimpici e lei mi rispose di sì. Fu un’emozione enorme, ma ancora più grande fu quella che provai il primo giorno all’interno del villaggio olimpico. Sembrava di respirare un’aria diversa: erano tutti a nostra disposizione ed è per questo che lo definirei il vero paradiso dell’atleta.

Di certo obiettivi di questo taglio non si raggiungono senza dover attraversare momenti difficili. Come hai fatto a superarli?
Penso che la testa sia tutto perché è ad essa che il fisico si adatta. Certo è altresì fondamentale avere accanto una famiglia e un ragazzo che ti appoggino. Ho imparato a mie spese che serve stringere i denti e che per superare tutti i momenti no serve fare affidamento su qualcuno di cui ci si fidi, non si può fare tutto da soli. Ho avuto però la fortuna di avere accanto a me anche Severino Massaro, l’uomo che si è nascosto per tempo dietro di me, guidandomi e appoggiandomi sempre e comunque. È stato al mio fianco in molte delle squadre in cui ho militato: è stato il mio allenatore e il mio primo tifoso, un vero amico, una persona fondamentale per me. A lui devo molto.

Quali sono i tuoi prossimi obiettivi?
Innanzitutto ritrovare un buono stato di forma e la giusta grinta che ultimamente ho un po’ perso. Poi ho in mente tanti piccoli step intermedi prima del grande obiettivo che è l’olimpiade di Tokyo 2020. Primo tra questi step è l’europeo Elite su pista che si correrà la prossima estate a Glasgow, che sarà seguito poi nella stagione invernale delle Coppe del Mondo, sempre su pista.

Ringraziamo Francesca per aver accettato di rispondere alle nostre curiosità e ci congediamo augurandole un buon proseguo di stagione.

Gloria Manzoni