Un’avventura nata inseguendo un sogno, una storia che ha colorato e continua a colorare il ciclismo nelle più svariate sfumature: Giovanna Troldi e il suo mix di Sport ed emozioni sempre vincente.
22 marzo 2018 - “...oltre a far del bene per sé stessa, lo fa anche agli altri...”. Così ce l’aveva presentata Catia Carretta, nominandola per le nostre interviste, ed è così che l’abbiamo conosciuta, iniziando un vero e proprio viaggio in quello che è l’universo delle due ruote rosa, nelle sue tantissime sfumature.
Giovanna Troldi, classe 1968, è una sportiva praticamente da sempre. Una donna vincente che ha costruito la sua carriera inseguendo per anni un grande sogno, quello che l’ha avvicinata e appassionata al ciclismo.
Certo è che Giovanna con la sua grande dote di mettersi in gioco, è una donna capace di primeggiare non solo atleticamente.... Senza aggiungere altro lascio a voi la sua meravigliosa storia a ruote!

“Lo sport si “impossessa” di me all’età di 4 anni quando, come regalo di compleanno, chiedo ed ottengo, un paio di pattini a rotelle.

La passione sui pattini
Per 22 anni i pattini sono i miei secondi piedi, con i quali condivido ogni istante libero. Non mi importa uscire con gli amici/amiche, il mio unico pensiero è tornare a casa da scuola, sbrigare il prima possibile i compiti e poi di corsa in pista ad allenarmi.

La prima gara e l’attrazione per la competizione
Partecipo alla mia prima gara a 5 anni e mezzo; erano i giochi della gioventù provinciali dove conquisto il 3° posto. Superfluo dire quanto fosse immensa la mia gioia. Da subito la competizione mi prende a pieno e, anzi, ogni gara diventa il mio obiettivo da raggiungere e per il quale dedicare ogni mio sforzo e momento per raggiungerlo o per migliorare.

Il “la” della prima vittoria e la brillante serie di successi
Passano un po’ di anni prima che conquisti la prima vittoria; avevo 15 anni. Fino a quel momento ero la più piccola e minuta e sicuramente ciò ha avuto il suo peso. Da quel momento in poi, i successi sono andati via via moltiplicandosi arrivando a conquistare 12 titoli tricolori, 8 titoli europei e 1 titolo iridato. Questo è il riassunto con le sole vittorie titolate.

Il sogno nel cassetto e la discesa in pista..., ma sulla bicicletta
Non paga però quanto raggiunto (il massimo concesso da questa disciplina) e sentendo di avere ancora tanto da dare e avendo un grande sogno nel cassetto, le olimpiadi, decido a malincuore di cambiare disciplina, avvicinandomi al ciclismo su pista. Questa specialità era ed è molto compatibile con il pattinaggio.

Le prime pedalate
Mi presento al velodromo di Bassano del Grappa dove muovo le mie prime pedalate sotto la guida di Cipriano Chemello.

Il primo appuntamento Italiano...
Dopo 3 mesi partecipo al campionato italiano dove dovevo affrontare 2 specialità per le quali avevo già lavorato nel periodo precedente: individuale a punti e 500 mt con partenza da ferma. Il fatto che queste specialità fossero collocate in fondo al programma gare, fa si che il tecnico responsabile regionale, Gabriele Sella, che mi aveva selezionata per il campionato, decida di inserirmi anche nella prova di velocità, che però non conoscevo, giusto per fare un po’ d’esperienza riempiendo il tempo a disposizione.

...stupefacente
La combinazione tra la spensieratezza della neofita e quindi senza carico di responsabilità, la preparazione atletica ricevuta dal pattinaggio e non ultimo, l’esperienza e la bravura del tecnico che mi ha guidata come si fa con un gioco telecomandato, ha portato al risultato tanto importante quanto inaspettato: la vittoria del titolo, il primo titolo.
v La crescita come atleta, discipline e successi
In quel campionato conosco quello che sarà poi il mio preparatore per i successivi 10 anni, Simone Molinaroli.
Lui mi insegna l’ABC del ciclismo, prendendomi per mano come fossi una bambina categoria giovanissimi. Continuano i successi sia su pista che su strada, quest’ultima intrapresa al 5° anno di ciclismo.
I titoli tricolori diventano 10 tra pista e crono strada, vittorie in gare nazionali ed internazionali, sia in linea che a tappe.

Fuori dai 5 cerchi
Per l’obiettivo olimpico (normodotati), nulla da fare; purtroppo non possedevo i requisiti richiesti per poter accedere alla “cerchia”. Gli unici requisiti in mio possesso erano i risultati e vittorie indiscutibili sul campo e la serietà. Ma non erano quelli giusti!!

Dall’ingresso nel mondo paralimpico alle grandi conquiste in tandem
Nel 2006 entro a far parte del mondo paralimpico.
Vengo affiancata ad una ragazza non vedente con la quale gareggiamo a livello internazionale fin da subito. Conquistiamo diverse medaglie ai mondiali, campionati panamericani e coppe del mondo e coppe d’Europa, grazie alle quali arriva anche la qualificazione olimpica per Pechino 2008. Tutto procede nel migliore dei modi e l’ambizione “realistica” per l’appuntamento per eccellenza, era la conquista di 3 medaglie su quattro specialità su cui ci saremmo cimentate (2 su pista e 2 su strada). Ambizione realistica in quanto dalla nostra prima volta in gare internazionali, in quelle 3 specialità siamo SEMPRE salite sul podio.

Ad un passo dal sogno olimpico
Purtroppo il sogno olimpico, per me, si infrange ad un solo mese dalla partenza, in quanto con una scusa a dir poco ridicola da parte della federazione, vengo estromessa dalla partecipazione a Pechino senza poter in alcun modo appellarmi legalmente, perché impeditomi con stratagemmi subdoli ed ignobili.

La mountainbike e l’incontro fortuito
Dopo un anno circa, riesco a riprendere in mano una bicicletta, gareggiando individualmente nel settore fuoristrada (MTB), fino a quando, nel 2012, in occasione di un evento a scopo benefico per il quale collaboro attivamente alla realizzazione, vengo a conoscere Beatrice, e il destino vuole che superi il “rifiuto” di risalire sopra un tandem, proprio con lei.

La nuova avventura in due...
Inizia, quindi, la nostra avventura insieme, proprio in occasione di quella manifestazione nella quale abbiamo partecipato proprio in coppia. Da quel momento siamo diventate “coppia” fissa, sia in gare su strada che fuoristrada (mountainbike e ciclocross), conquistando tantissime vittorie di spicco, sulla spinta dell’energica e fortissima Beatrice.
Grazie a Beatrice, ho ritrovato il desiderio e l’entusiasmo di guidare un tandem.”

Sei stata nominata da Catia Carretta:
“Nomino Giovanna Troldi, donna che stimo tantissimo perché oltre a far del bene per sé stessa, lo fa anche agli altri, aiutando persone disabili che hanno delle difficoltà: corre in tandem con una ragazza non vedente e sono state anche Campionesse Italiane.”

Cos’hai pensato appena ti abbiamo contattata e cosa ti ha portato ad accettare la nomination?
A dire il vero "non ho pensato", caratterialmente sono una persona disponibile ed ho visto questa opportunità come una nuova occasione per far conoscere a chi ancora non lo sa, quanto lo sport possa "regalare" a chiunque emozioni che in altre situazioni non è possibile provare e ricevere.

Alla base della competizione sportiva c’è sicuramente il confronto e il desiderio di dare il massimo, sfidando se stessi e gli altri, ma la “foga” di riuscire e di arrivare può trasformarsi in forme di rivalità e comportamenti scorretti. Cosa ritieni importante per “gestire” al meglio tutta la serie di fattori psicologici che questo comporta?
Innanzitutto alla base della competizione, a mio parere, ci dev'essere la passione per ciò che si fa. La competizione di per sé, è soltanto il "metro di misura" col quale si testa il grado di preparazione fisica e psicologica, ma soprattutto a che livello si è riusciti (fino a quel momento) portare il proprio limite.
Non sono d'accordo che si debba trovare un modo, una formula per "gestire" eventuali strategie per ottenere più di quanto madre natura ci ha donato. Io personalmente ho sempre considerato lo sport (in generale, indipendentemente dalla disciplina che ciascuno sceglie di intraprendere), uno strumento per trovare il MIO limite, e non quello della medicina o della manipolazione, di qualsiasi tipo sia. Pertanto non ho avuto bisogno di studiare una strategia per evitare di inciampare in facili traguardi. Bisogna sapersi "accontentare" di quanto si ha di proprio, lavorare sui propri limiti ed accettarli. Naturalmente il lavoro ed i "sacrifici" sono notevoli e direi quasi "sproporzionati" rispetto a quanto si riesce poi a raccogliere; sta di fatto che se un atleta vede l'impegno, le rinunce, i risultati che faticano ad arrivare, come dei sacrifici pesanti come macigni, beh, direi che non sta seguendo il suo giusto percorso, dovrebbe cambiare vita.
Io ho dedicato la mia vita allo sport, quello con la "S" maiuscola, fatto di priorità (1° la scuola, 2° lo sport), togliendo spazio agli amici, divertimento, vacanze al mare ecc., ma questo per me non ha significato non avere amici, anzi, ne vanto migliaia e in tutto il mondo, mancanza di divertimento, credo non mi sarei potuta divertire di più facendo qualcosa di diverso, vacanze al mare, ogni trasferta sia giornaliera che di giorni o mesi è stata un vacanza e mi ha permesso di viaggiare in tutto il mondo, visitando posti meravigliosi, conoscere persone di diverse culture e potrei fare un elenco senza fine.... Insomma, ogni qualvolta raggiungevo un obiettivo, ne fissavo subito un altro un po' più in là, a piccoli passi, ma con grande determinazione. Purtroppo spesso mi sono trovata a scontrarmi con delle barriere che hanno ostacolato il raggiungimento dei miei obiettivi più ambiziosi; ostacoli "umani" che, come purtroppo spesso succede, sono quegli ostacoli il cui superamento non dipende dal proprio impegno o dalle proprie capacità, ma dalla volontà di chi sta nella stanza dei bottoni e che può decidere indisturbato, del destino degli altri secondo propri interessi. Rimane comunque molto che nessuno mai può togliermi: i traguardi raggiunti con le mie sole forze, la soddisfazione di averli raggiunti superando chi utilizzava scorciatoie e la passione che ancora invade la mia anima e il desiderio di trasmettere, non solo la mia esperienza tecnica, ma soprattutto i veri valori dell'atleta che troppo spesso vengono nascosti, infangati e denigrati come fossero motivo di vergogna.

L’accontentarsi e l’accettare i propri limiti senza ricorre a scorciatoie e inciampare su facili traguardi fa spesso a pugni con la foga di arrivare e primeggiare, che in certi casi non riguarda necessariamente il singolo atleta, ma più ampliamente le squadre, le società, ecc... . A dimostrarlo, le recenti indagini e gli arresti di Lucca, ma anche la positività alle Olimpiadi invernali di Pyeongchang di un atleta russo di curling.
Credi che la lotta internazionale antidoping che si sta attuando in questi ultimi anni stia portando a qualche frutto? E se lo sta facendo, perché si preferisce chiudersi a riccio nell’omertà, ritirarsi e quant’altro pur di non parlare e condannare apertamente?
Sta proprio nel sapersi accontentare ed accettare i propri limiti, la forza per non cedere alle tentazioni e accettare passivamente le imposizioni. Non nego che in più occasioni mi sono state "proposte" strade alternative, alle quali ho sempre dato le spalle in maniera ferma e decisa nonostante sapessi a cosa potevo andare incontro. Devo dire che ho avuto la fortuna di avere al mio fianco una persona, il mio allenatore, che mi ha sempre protetta e indirizzata sul come muovermi per non venire coinvolta a mia insaputa, e, per evitare ogni rischio e anche e soprattutto per poter gareggiare senza alcun vincolo, abbiamo costituito una società in cui io ero l'unica atleta ed i componenti della struttura, oltre al mio allenatore, erano tutti i miei familiari. La via di fuga si trova sempre. Se si vuole; trovo sia falso vittimismo abbassare la testa e dire "mi hanno costretto". Se non vuoi, non fai.
Non ho mai avuto peli sulla lingua a questo proposito e di sicuro anche questo è stato un "valore" a mio sfavore per la realizzazione del mio sogno olimpico. Il mio desiderio di partecipare ad una olimpiade (negatami per ben 3 volte, nonostante i risultati alla mano, due normodotati e l'ultima nel 2008 coi paralimpici), non mi ha offuscato la vista o fatto cambiare i miei valori riguardo lo sport e l'onestà. Di sicuro se avessi ceduto a richieste di vario genere ed avessi avuto come valore aggiunto, anche qualche sponsor e squadra di rilievo alle spalle, le olimpiadi le avrei fatte tutte comprese quelle di Rio. Ho ancora il magone quando guardo le olimpiadi alla tv, ma non sono per nulla pentita delle scelte che ho fatto e rifarei tutto pari pari anche conoscendo il finale. Sono pure stata "invitata" a tacere per il "buon nome della federazione" (cosa che ho denunciato apertamente in una intervista televisiva appena esclusa da Pechino).
Credo che il doping non potrà mai essere sconfitto finché sono gli atleti a volerlo fare; purtroppo quando trovano il modo di scoprire un prodotto, ormai ce ne saranno altri 10 di nuovi.
Io penso che se già si muore per 1000 cause, perché andare a cercare anche noi stessi un modo in più per lasciare questo mondo prima del tempo?

Il ciclismo agonistico, così com’è oggi, può essere considerato un investimento sulla vita e sul futuro dei giovani d’oggi?
Il ciclismo agonistico, come qualsiasi altro sport agonistico, è sempre un ottimo investimento per i giovani; l'importante è che si trasmettano insegnamenti tecnici, ma anche i valori dello sport, fin da bambini, ma soprattutto si dovrebbe fare scuola a moltissimi genitori che, per loro frustrazioni giovanili, riversano sui propri figli la responsabilità di raggiungere ad ogni costo, quei traguardi da loro mai raggiunti.
Raggiungere il traguardo massimo con i tuoi pattini a rotelle ai piedi, non ti ha fermata davanti al tuo grande sogno nel cassetto, tanto da farti salire in sella, ricominciando praticamente da zero. 
Quanto conta nello sport e nella vita saper rimettersi in gioco e osare i propri limiti?
Purtroppo il pattinaggio a rotelle non era, e non è tutt'oggi, disciplina olimpica. Raggiunto il massimo livello disponibile in quella disciplina, sentendo che ancora potevo dare e migliorare e, considerando che per un atleta la massima ambizione possibile sono le olimpiadi, con un po' di difficoltà, lo ammetto, mi sono avvicinata al ciclismo praticando comunque entrambe le discipline per qualche mese, fino al momento in cui ho dovuto fare la scelta. Il fatto di cominciare da "zero", non mi ha toccata minimamente, anzi, direi invece che per me è stato uno stimolo fortissimo, una sfida. Diciamo che il mio partire da zero, era solo per quanto riguardava la tecnica sul mezzo, perché la preparazione fisica che 22 anni di pattinaggio mi avevano dato, credo di non averla vista in nessun ciclista se pur di larga esperienza. Certamente ho dovuto lavorare sodo e cominciare coi giochetti che fanno i bambini, ma per me è stato divertentissimo e per nulla imbarazzante. Il fatto di rimettermi in gioco, ripeto, è stata per me una nuova sfida, un nuovo obiettivo da raggiungere e superare, quindi nuovi stimoli finalizzati a cercare nuovi e più ambiziosi limiti. Bisogna sempre vedere il lato positivo di ogni cosa per poter progredire ed avanzare.

Quali sono i lati del tuo carattere che ti hanno consentito di farlo e quali hai dovuto tirare fuori poi pedalando?
La determinazione, la volontà, l'ambizione, la grinta. Tutti tratti del mio carattere che non ho dovuto tirar fuori, ma che facevano già parte del mio modo di esprimermi e pertanto sono usciti spontaneamente senza doverli forzare e cercare.

I pattini, sono sopra, sotto o di fianco alla bicicletta?
I pattini sono stati il mio primo amore, ma sto portando avanti il ciclismo più di loro, insegnando anche ai più giovani il ciclismo. Sono per me due amori allo stato puro, diversi, ma allo stesso tempo in grado di riflettere lo stesso amore che ho provato io per loro, verso di me. Non posso collocarli uno più in alto ed uno più in basso nella scala preferenziale; mi sentirei di fare un torto non meritato.

Pattinaggio e ciclismo in cosa si assomigliano e in cosa sono, invece, così diversi?
Sia i pattini che la bicicletta sono mezzi coi quali ti devi amalgamare per poter rendere al meglio; non si può pensare di essere due parti distinte, o semplicemente utilizzarli come "mezzi accessori" per gareggiare. Solo fondendosi li si può gestire al meglio e ti possono accompagnare veramente dove desideri. Non saprei trovare delle differenze, a meno che non mi voglia limitare ad osservarli fisicamente e tecnicamente, ma non è ciò che sento.

Delle varie discipline che hai praticato, quale ti ha stupito di più? E in quale senti di aver stupito più gli altri?
Posso dire che non mi ha stupito nessuna e anche tutte?? Mi son "buttata" e sono anche stata accompagnata a buttarmi, in varie specialità, per il desiderio di sfida, per imparare sempre qualcosa in più, per mettermi sempre in gioco e perché no, per divertirmi anche nel fare figuracce. L'obiettivo comunque, veniva raggiunto, prima o dopo, e questo era l'importante. Non so dire se ho stupito, ed eventualmente dove. Questa è una domanda da fare a chi sta dall'altra parte delle transenne.

Vincere davvero è ...
Vincere davvero è sentire l'emozione e avere il cuore che esce dal petto dalla gioia anche quando non si ha tagliato il traguardo per primi. Vincere davvero è sapere di aver fatto tutto il possibile mettendo in pratica insegnamenti, grinta, entusiasmo, emozione, magari arrivando in coda al gruppo. Vincere davvero è vedere che chi ha lavorato con te e per te, è soddisfatto di te. Vincere davvero è vedere la felicità di chi hai aiutato a raggiungere un traguardo che senza di te non avrebbe avuto la possibilità di raggiungere.

Se a mettere le transenne ai nostri sogni non siamo noi, ma gli altri, si è più forti fermandosi o andando avanti?
Direi senza alcun dubbio "andando avanti" perché quello che si fa lo si fa per amore e passione. Certo essere messi in gabbia fa male, molto male, ma fa ancor più male smettere di fare ciò che fino a quel momento è stato la tua vita, e nessuno può impedirti che possa continuare ad esserlo.

Il tuo avvicinamento al mondo paralimpico è avvenuto per caso o per scelta? Ci racconti il tuo debutto?
Quando ancora gareggiavo da professionista su pista, ebbi per un certo periodo, come tecnico nazionale, colui che successivamente divenne (ed è tutt'ora) il tecnico della squadra nazionale paralimpica settore ciclismo. Alla prima occasione, gli dissi che mi sarebbe piaciuto fare l'esperienza di diventare guida per non vedente. Detto fatto. Nell'estate del 2006 mi chiamò chiedendomi se fossi ancora interessata e disponibile per provare a diventare un guida, in quanto aveva conosciuto una ragazza romana non vedente che, pur non avendo mai gareggiato e pedalato su un tandem da corsa, riteneva fosse piuttosto forte e propensa a diventare una atleta vera. Ovviamente ne fui entusiasta e così combinò l'incontro in occasione di un ritiro collegiale a Bassano del Grappa (fine luglio). Fino a quel momento non ero mai salita su un tandem. Al terzo ed ultimo giorno, il tecnico mi disse (testuali parole): "Giovà, mettiti al lavoro e sistema la ragazza, insegnale a pedalare, allenala, procurati un tandem adeguato alle vostre misure perché vi porto ai mondiali di Aigle (Svizzera) a settembre". Ovviamente la mia risposta fu "sei pazzo", c'erano solo 40 giorni a disposizione, ed era impossibile pensare di fare le cose fatte almeno discretamente per poter partecipare ad un campionato del mondo. Certo che sarebbe stato facile cedere alla tentazione di accettare solo per il gusto di partecipare ad un evento di tale portata. Proprio per il fatto che per me partecipare ad un mondiale significava andarci nelle migliori condizioni, gli risposi di no. Non ce la feci a vincere la battaglia e mi spiazzò dicendomi "mi fido di te e della tua professionalità, so che sarai in grado di gestire il tutto al meglio". Eccomi di fronte ad una nuova sfida da affrontare con le zanne. Insegnai alla mia compagna i primi rudimenti della pedalata, al telefono (considerando che io abitavo nel veneziano e lei a Roma...), poi, lei fece il possibile per venire su da me per poterci allenare insieme ed infine, partimmo per Aigle 2 settimane prima dell'inizio del mondiale, noleggiando un camper, per poterle insegnare ad andare in pista, tra l'altro, una pista in legno di 200 metri, quindi corta, a differenza delle due in cui aveva pedalato (Bassano e Padova), in cemento, scoperte e molto più lunghe e con pendenze decisamente molto diverse. Diciamo che abbiamo dovuto sintetizzare la preparazione, concentrandoci più sull'aspetto tecnico che sulla preparazione fisica. Contro ogni pronostico, abbiamo portato a casa un argento e un 5° posto e, mannaggia, pure una caduta, per fortuna senza conseguenze, se non l'uscita dalla gara in atto.

Il Paraciclismo, sviluppato da dei ciclisti non vedenti utilizzando il tandem, viene introdotto come sport a Seul nel lontano 1988. Solo 8 anni dopo ha aperto le porte ad ogni tipo di disabilità, fino ad arrivare al 2000 con la prima dimostrazione su una handbike a Sydney. Un’evoluzione lenta, ma importantissima che non riguarda esclusivamente lo sport, ma il più ampio sviluppo della società umana, oltre che di nuovi strumenti, mezzi e tecnologie. È una strada ancora in salita o si sta iniziando a godere di qualche tratto in discesa?
Credo non si possa mai dire di essere in "discesa", tanto più se si parla di disabilità. Se consideriamo che al giorno d'oggi, le barriere architettoniche sono un'indecenza moderna, pensiamo all'ipocrisia di chi parla degli atleti diversamente abili provando pena per le loro disabilità e difficoltà, e omaggiando ogni singola cavolata che riescono a fare. Io per prima ero come loro fino al momento in cui non mi ci sono tuffata dentro in quel mondo. Solo in quel momento ho capito che i miei tantissimi anni trascorsi come atleta, erano nulla in confronto a ciò che stavo avendo modo di apprendere sia fisicamente che emotivamente, da quelle straordinarie persone. Fino a quel momento non avevo imparato nulla!!
Il solo fatto di imparare ad apprezzare ciò che per noi normodotati, è scontato e banale perché lo si ha senza alcuna difficoltà o impegno, ti fa capire quanti beni preziosi ci circondano. Quelle che noi definiamo "difficoltà", sono barzellette in confronto alle vere difficoltà che devono superare anche solo per lavarsi le mani; figuriamoci per praticare sport! Non vado oltre altrimenti mi sento ancora ipocrita.
Credo che il settore paralimpico abbia ancora molta salita da affrontare e non ho paura a dirlo apertamente, grazie e soprattutto a quelle istituzioni che per prime dovrebbero tutelarlo e che invece sfruttano a proprio vantaggio.

Quali sono le maggiori difficoltà di condividere con una compagna uno sport come il ciclismo? Quali, invece, i punti di forza e le più belle soddisfazioni?
Le difficoltà sono sicuramente quelle di riuscire a conciliare i miei tempi con i suoi, visti i miei impegni di lavoro ed i suoi "impegnissimi" con lo studio. Ciò non toglie che la mia passione insieme alla sua, le mie forze rimaste, insieme alla sua strabiliante energia di ventenne e la determinazione di entrambe, fanno sì che in qualche modo si possa conciliare il tutto quanto basta per raggiungere obiettivi ambiziosi come avvenuto fino ad ora.

Complicità è anche raggiungere un equilibrio, ma quando una delle due si sbilancia, cosa si fa?
In tandem si è in due, ma l'anima è una soltanto. Succede che una delle due si "sbilancia" e l'anima si sdoppia.... Il vantaggio di essere in due, ma soprattutto molto ben affiatate, fa sì che se una si sbilancia, l'altra è subito pronta a rimettere in assetto con forza il tandem e a ricomporre l'anima unica.

Come descriveresti la coppia Giovanna Troldi - Beatrice Cal?
Il diavolo e l'acqua santa. Io so di essere spesso un po' dura, ma perché so che Beatrice può arrivare molto più in là, mentre lei sarebbe troppo spesso grintosa dentro, ma titubante e dubbiosa fuori, creando quel contrasto controproducente che va stoppato sul nascere. Sono quindi io che faccio la parte del diavoletto insidioso, mentre Beatrice che è una "buona" è l'acqua santa.

Quanto e come vi allenate?
Purtroppo, come già detto, gli impegni di entrambe non consentono di allenarci tanto; quando ci poniamo un obiettivo, però, ci mettiamo quell'impegno necessario per far conciliare impegni studio-lavoro, con gli allenamenti necessari per arrivare pronte all'appuntamento.

Qual è il vostro prossimo obiettivo?
I prossimi obiettivi rimangono i Campionati Tricolori nei quali siamo detentrici del titolo, e magari, se ce ne fosse l'opportunità, anche qualche appuntamento extra. Vedremo cosa proporrà il programma stagionale.

E il tuo?
Il mio sarà quello di trovare ed addestrare una guida all'altezza di Beatrice che possa proseguire con lei in futuro visto che io ormai sono da "pensione" ed è giusto e doveroso che Beatrice abbia a disposizione una guida che la possa portare lontano ancora per molto.

Se dovessi definire il tuo passato, il tuo presente e il tuo futuro, che parole utilizzeresti?
Atleta, ibrido atleta-tecnico, tecnico.

A proposito di Olimpiadi...il tuo sogno potrà uscire dal cassetto a Tokyo 2020?
Ormai il mio cassetto è chiuso a chiave doppia e non c'è più la chiave. Non ho più 20 o 30 anni, a fine 2018 ne farò 50!! C'è un tempo per tutto, e quello per "quel sogno" è già passato.

A proposito di passato, presente e futuro, in cosa il ciclismo femminile è cambiato e in cosa continua ad andarti stretto?
Il ciclismo femminile come buona parte degli sports al femminile, non è valorizzato al pari di quello maschile. Devo ammettere che in parte è anche colpa di noi donne che non sappiamo "dare spettacolo" come fanno gli uomini; è altrettanto vero, però, che anche dove lo spettacolo e lo sforzo è, diciamo, "pari", comunque i riconoscimenti e la visibilità da parte dei media, è ridotta a briciole rispetto a quanto dato al mondo maschile. Qualcosa è cambiato, ma solo per pochi, mentre la gran parte, deve arrancare.

La tua nomination (possibilmente avversaria) e la motivazione…
Parlare di avversarie alla mia età, è un po' dura.....sono un po' troppo longeva (per non dire qualcos'altro), atleticamente parlando. Mi sentirei di "nominare" Marika Tovo, giovanissima biker della provincia di Vicenza, che già si è saputa mettere in mostra. Ho pensato a lei in quanto mi identifico molto caratterialmente; determinata, grintosa, passione per ciò che fa, seria e generosa. Un'atleta che credo potrà raccogliere grandi soddisfazioni.

Ilenia Milanese
cicliste.eu

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