Nella vita, desideri e casualità si mescolano creando il nostro presente e costruendo il nostro futuro. È così che la downhiller Veronika Widmann si è ritrovata in sella alla sua bici ed è lei a raccontarci la sua storia tra le sue esperienze sportive e di vita, tirando le somme di quel che è stato il 2017 e aggiungendo alle speranze per la nuova stagione, un messaggio speciale per il cugino Georg e per tutti noi!
21 dicembre 2017 - Avete presente quelle occasioni prese al volo che si rivelano le risposte che tanto si cercano?


Se l’adrenalinica Veronika Widmann ci emoziona lanciandosi in discesa in sella alla sua bici è perché una fatalità ha incontrato il suo desiderio di respirare aria nuova....

Classe 1993, bolzanina... non datele della poliglotta perché conosce e parla il tedesco, l’italiano e l’inglese, perché risponde:
“Poliglotta perché parlo tre lingue?! Penso che in Alto Adige non sia una cosa straordinaria, tanti sono cresciuti bilingue.”
Poi, tra una discesa e l’altra, ci ha pensato Harry Molloy a farle perfezionare l’inglese e a rubarle il cuore!

Veronika è stata per ben due volte Campionessa Italiana Downhill donne élite e ha fatto di questa disciplina il suo piano A, decidendo di concentrarsi al massimo, ma ha anche dedicato impegno, tempo e studio per redigere con attenzione il suo piano B: la professione di infermiera, che tiene in tasca grazie alla sua laurea!

La mia storia da ciclista è iniziata quando avevo tre anni, quando ho imparato ad andare in bicicletta.
Ero tanto presa da questa cosa e mia mamma mi racconta sempre che in quel periodo quando mi chiedeva che cosa sarei voluta diventare da grande le rispondevo: “Una ciclista racer!”.

Il primo amore
A dodici anni ho iniziato in una squadra di Cross Country vicino a casa mia, il Bike Club Egna Neumarkt. Da quel momento, diciamo, sono nati la passione e l’amore per questo sport.
Negli anni seguenti ho fatto gare a livello nazionale ed internazionale di XC.
Il mio cuore, però, fin dall’inizio batteva per la discesa.

Aria di cambiamenti
Dopo la maturità a Bolzano, ho deciso di trasferirmi a Innsbruck per studiare per diventare infermiera e, lì, le cose sono cambiate un po’.
Mancavano il tempo e anche un po’ la voglia per allenarmi nel CX... sentivo di volere fare una cosa nuova.

Il DH: dal caso alla scelta
Così, per caso, nel 2012 ho provato a fare una gara di Downhill.
Mio cugino Georg mi ha convinta, mi ha prestato le protezioni e il casco e ho noleggiato la bici dal Bike Park vicino a dove si svolgeva la gara.
È stato un weekend bellissimo per me e, oltre ad essermi divertita un sacco, sono tornata a casa con la vittoria e con la maglia di Campionessa Provinciale Alto Adige.
Da quell’esperienza ho capito che questo era proprio lo sport addato a me.
Mi sono allenata di più e pian piano ho iniziato a fare più gare.
I risultati e le soddisfazioni poi sono arrivate e il DH mi ha sempre più emozionata.

L’incontro con il CT azzurro Roberto Vernassa
Nel 2014, dopo aver vinto la mia prima gara del Circuito Nazionale Gravitalia, il CT della Nazionale Roberto Vernassa mi ha parlato e mi ha convinta ad iniziare a fare gare all’estero, l’Europeo e anche le gare di Coppa del Mondo.
L’anno dopo ho fatto la mia prima stagione in Coppa del Mondo. Sono state emozioni fortissime quelle provate gareggiando con i grandi atleti mondiali.

Esperienze e difficoltà passate
Adesso, dopo tre stagioni, posso dire di essere cresciuta molto e di non volere una vita diversa. Arrivare fino a qui, però, non è stato sempre facile.
Nel nostro sport, il Downhill, è difficile trovare il supporto finanziario e quando non hai un grande Team su cui poter contare, sei costretta a fare tutto da sola: trasferte, meccanico e l’intera organizzazione.
Spesso mi sono accordata con altri ragazzi italiani, tra i quali anche la mia amica Eleonora Farina, per andare alle gare insieme. Con loro, ogni competizione é stata una nuova avventura ed è stato un periodo molto bello... dormire in macchina, fare il bagno nel lago, divertirsi.... Però, per le gare di Coppa del Mondo, non è il giusto ambiente perché, per affrontarle, devi essere concentrata, focalizzata, devi mangiare e dormire bene, devi riposarti. Quando arrivi ad un certo livello tutto deve essere a posto.

La prima stagione in un Team professionale
Da quest’anno, il 2017, sono in un Team professionale, l’UCI FS Patrol Funn. Tante cose sono più facili e ho il supporto della squadra e dei miei compagni.

Soddisfazioni e risultati
Da quando faccio gare di DH ho avuto bellissimi risultati e tanta soddisfazione, ma anche momenti difficili che mi hanno insegnato tanto per il futuro.
Ho vinto due volte il Campionato Italiano donne élite. Nel 2016 ho vinto il circuito IXS European Cup e, fino ad adesso, il mio miglior risultato in Coppa del Mondo è stato il sesto posto a Fort William in Scozia.

Le somme del 2017 e i presupposti per il 2018
Quest’anno é stato un anno più da imparare che da soddisfazioni.
Sono molto carica e motivata, però, per l’anno prossimo e ho tanta voglia di andar forte di nuovo.”

Sei stata nominata da Alessia Missiaggia con la seguente motivazione:
“Mi piacerebbe nominare Veronika Widmann perché ci siamo allenate spesso insieme e è anche grazie a lei se sono riuscita a salire sul podio in Val di Sole!”

Cos’hai pensato appena ti abbiamo contattata e cosa ti ha portato ad accettare la nomination?
Certo che questa nomination mi ha fatto piacere.
Mi piace tanto questo movimento femminile ed è bello conoscere le ragazze del ciclismo di tutte le discipline (strada, mtb, downhill, ecc...).
Secondo me è anche bello raccontare le storie di vita che stanno dietro alla figura dell’atleta.

Ci racconti come hai aiutato Alessia a diventare la Campionessa del Mondo DH 2016?
Dato che i Campionati del Mondo nel 2016 erano in Val di Sole, mi volevo preparare bene e andare lì per allenarmi.
Alessia e io viviamo molto vicino e, poiché non aveva ancora la patente, le ho chiesto ovviamente se voleva venire con me.
Certo l’ho aiutata facendo qualche discesa insieme e mostrandole qualche passaggio, ma per vincere un Mondiale la cosa più importante è avere la testa... per questo è tutto merito di Alessia se ce l’ha fatta.

Nonostante la tua passione per la bicicletta sia iniziata appena hai imparato a pedalare, la tua prima esperienza in un team l’hai avuta a 12 anni. Perché?
Da bambina mi piaceva qualsiasi sport. Ho provato tante cose diverse come l’arrampicata, il nuoto, la corsa, la pallamano... Alla fine ho trovato il ciclismo ed è stata la disciplina che mi ha ispirato di più.

Oltre al tuo amore per la discesa, cosa ti ha spinta verso l’XC e cosa ti piaceva di quella disciplina?
L’XC è una disciplina bellissima. Non contano solo le gambe, ma anche le capacità di discesa e la tecnica.
Per me è stato sempre una bella challenge... è sempre stato stimolante correre contro gli altri e sfidare anche di testa, con la voglia di non mollare.

Il tuo trasferimento a Innsbruck ha dato una svolta alla tua vita privata e, parallelamente, alla tua vita da ciclista. Il ricordo più positivo e quello più negativo di quel periodo?
La mia vita sì è cambiata tanto quando mi sono trasferita ad Innsbruck.
Lo studio infermieristico non è stato facile e, nello stesso momento, mi ha fatto vedere la mia vita da un altro punto di vista: quello lavorativo, oltre che sportivo. Anche nell’aspetto personale mi ha fatta crescere tanto.
I ricordi più positivi di quel periodo sono quelli del tirocinio che ho fatto in un ospedale in Africa, precisamente in Tanzania, dove sono stata per due mesi insieme ad altri due studenti. Abbiamo lavorato sia nel reparto chirurgico, che in ambulanza. Quest’esperienza è stata un’opportunità bellissima.
Ho avuto la possibilità di incontrare persone, di conoscere la loro cultura, di vedere come vivono e come lavorano. È stato fantastico provare il grande sentimento di poter aiutare, ma ho anche potuto capire quanto si possa essere felici e contenti delle piccole cose.
Contemporaneamente, però, le situazioni erano anche molto difficili e richiedevano tanta forza interiore e di carattere. Con questo non voglio dire di aver vissuto esperienze negative, anzi. Questi sono sicuramente i ricordi che restano e che ti fanno vedere le cose da un altro punto di vista.

Hai terminato gli studi di infermieristica?
Sì, ho terminato gli studi e mi sono laureata nel 2016.
Ho preso una pausa nel 2015 per fare la stagione di Coppa del Mondo, poi, durante l’inverno successivo, ho terminato gli studi.

Cosa ti ha fatto a tornare in Italia?
Il voler continuare la mia carriera di Downhill.
Volevo concentrarmi al 100% per le gare e mi riesce meglio quando sono a casa. Sono tornata così ad abitare a Termeno, il paese dove sono cresciuta, vicino Bolzano.

Il tuo inizio con il DH è avvenuto per caso, grazie a tuo cugino che ti ha convinta. Dopo quella vittoria e quella conquista certo inaspettata della maglia provinciale e dopo aver visto la strada che hai fatto, cosa ti ha detto e cosa ti dice ora?
Ho sempre avuto un buon rapporto con mio cugino.
È più grande di me di cinque anni, ma siamo praticamente cresciuti insieme e, poiché anche lui andava in bici, per un periodo siamo stati anche nella stessa squadra.
Quando ero piccola era lui il mio grande idolo e in più, facendo le gare insieme, ci siamo sempre sfidati scherzosamente con l’intento di dimostrare chi andava più veloce.
Mi ha sempre supportata, anche nei momenti difficili.
L’anno scorso ai Mondiali in casa in Val di Sole ero super tesa e nervosa, avevo tanta gente intorno ed ero appena rientrata da un infortunio e non mi sentivo al massimo. Prima dello start Georg è stato in zona di partenza insieme a me per tranquillizzarmi. Ricordo come se fosse ieri la barzelletta che mi ha raccontato per farmi ridere, facendomi dimenticare il nervosismo. Poi tutto è andato bene.
Adesso non facciamo più tante gare insieme, lui si dedica di più all’Enduro. Penso di aver imparato anche ad essere un po’ più autonoma e certe cose le riesco a fare anche da sola. Ma lui è sicuramente la persona che mi ha seguita dall’inizio, che mi ha spinta a fare questo sport e che mi ha aiutata sempre, in qualsiasi cosa...
Grazie Georg!

Sei una ragazza da convincere o quella volta è stato un caso?
Dipende da che situazione.
Di solito sono spontanea e attirata dalle novità, quindi è stato più un caso che mi abbia convinto Georg.

Il ciclismo è uno sport di famiglia o tu e Georg siete i due più “alternativi”?
Georg ed io siamo gli unici ad andare in Mountain Bike. Abbiamo fatto noi del ciclismo uno sport di famiglia.

Se dovessi convincere qualcuno a buttarsi giù da una collina in sella alla bici, cosa gli diresti?
Gli direi che è una cosa super divertente!
Si è sempre in buona compagnia. Si usa ogni singolo muscolo del corpo ed è quindi bello faticoso, ma è proprio il corpo a riempirsi di adrenalina, facendoti provare un sentimento di gioia incredibile.
Quando si termina una discesa, viene solo voglia di salire ancora e di farne un altra. Da provare per crederci!

E se, invece, dovessi rassicurare un genitore preoccupato per questo tipo di disciplina?
Il Downhill è uno sport di gruppo. Importante è che i ragazzi si divertano, che crescano e che si migliorino.
La comunità del DH è una delle più belle che conosco. Siamo tutti tranquilli e ci si aiuta, stiamo insieme ed insieme facciamo i giri in bici. Nessuno viene lasciato solo. Ovvio che poi ognuno deve conoscere e tenere presente i propri limiti, salire in sella con testa considerando le sue capacità. Se questo viene rispettato non c’è da preoccuparsi di più rispetto ad altre discipline sportive.

Che caratteristica non deve assolutamente mancare ad una downhiller?
La voglia di divertirsi, la determinazione nel voler migliorare e la grinta per non arrendersi mai.

Credi che un uomo sia facilitato in questo sport rispetto ad una donna? Che differenze ci sono, se esistono?
Gli uomini hanno più forza e riescono quindi ad andare più veloce. Considerando questo aspetto probabilmente per loro è più facile affrontare questo sport.
Noi donne, però, abbiamo altre caratteristiche, capacità diverse, sensazioni e sensibilità. Usiamo la forza e la testa in modo diverso e penso che sia proprio ciò che ci rende forti alla pari, facendoci essere delle atlete allo stesso livello.
Siamo diversi sì, ma se vuoi essere un atleta a livello professionistico devi preparati, allenarti, devi stringere i denti e dare tutto te stesso/a, non devi mai arrenderti e devi combattere per il tuo sogno e per il tuo obiettivo. Arrivato a quel punto, penso che non faccia differenza se sei una donna o un uomo.

Dopo questi anni dedicati alle due ruote, quali pensi siano i cambiamenti necessari in Italia per migliorare il ciclismo in generale e l’XC e il DH in particolare?
A me piacerebbe che le discipline diverse della Federazione Ciclistica lavorassero più insieme.
Credo che la diversità possa essere un’occasione per confrontarsi ed imparare dagli altri atleti: la compagnia ci consentirebbe di essere più forti come Team e come singolo atleta, potremmo fare esperienza con le diverse tecniche, con i metodi di allenamento e anche valutare punti di vista differenti.
Il Downhill è una specialità “di nicchia”, non è uno sport olimpico e anche per questo non c’è lo stesso interesse di quello di altre discipline. Probabilmente, se ci fosse più collaborazione tra le specialità, la Federazione investirebbe in modo diverso, consentendo alle discipline “minori” di avere maggiori finanziamenti. Nelle discipline come il DH il budget manca sempre.

Se potessi tornare indietro nel tempo, cambieresti qualcosa della tua vita?
Non lo saprei. Sicuramente potevo fare meglio tante cose, ma potevo farle anche peggio. Quindi penso sia meglio guardare avanti, imparando dell’esperienza e delle cose non positive.

Se, invece, avessi la possibilità di tornare in un luogo a te caro, quale sarebbe e per quale motivo?
Sarebbe in un luogo con le persone care che adesso non ci sono più....

C’è un/a atleta a cui ti ispiri? Cosa ti piace di lui/lei?
Il mio idolo numero uno è sempre stata - ed è ancora - Rachel Atherton.
Quando ho iniziato a fare Coppa del Mondo, era lei quella imbattibile. La ammiravo per la sua forza e per il suo modo di essere.
Poi, quest’anno che ha subito degli infortuni, si è visto che anche lei è un essere umano e che anche lei fa fatica. Il suo insistere e continuare ad andare avanti, nonostante tutto, mi ha ispirato e mi ispira ancora di più.

Quanto tempo dedichi all’allenamento? Come e dove lo fai?
Al momento tanto, il periodo invernale è il più intenso. Mi alleno sei giorni a settimana e spesso due volte al giorno. Faccio palestra, esercizi di circuito, utilizzo la bici da Enduro, la bici da corsa e la BMX per la tecnica. La bici da DH non la tocco tanto, ma la riprendo a gennaio.
Poi, durante la stagione, sono spesso in viaggio. Questo e le gare comportano la difficoltà di mantenere la forma. È importante riposarsi, mangiare bene e tenere ben focalizzati gli obiettivi.
Vicino a dove abito c’è la palestra e in zona si può praticare benissimo l’Enduro e la strada. L’allenamento in BMX lo faccio nella pista a Bolzano.
Da gennaio inizio a lavorare con una nuova allenatrice che mi seguirà sia con gli esercizi che come mental coach.

Oltre alla tua carriera ciclistica, di cosa ti occupi, cosa ami fare nel tempo libero e cosa ti diverte?
Generalmente amo fare sport.
In inverno mi piace andare con lo snowboard, arrampico un po’ e ho iniziato anche a praticare sci di fondo.
Mi piace anche andare in montagna con il mio cane Löwe (che in tedesco significa Leone), passare tempo con la famiglia e gli amici.
Mi piace anche ascoltare musica, ascolto un po’ di tutto. Ho anche la mia playlist pre gara, che mi dà la giusta concentrazione e spinta.

Pare che le scarpe per noi donne siano un’ossessione, una sorta di dipendenza. Lo sono anche per te?
A me piacciono le scarpe, ma non sono un’ossessione.
È importante avere le scarpe giuste per l’abito giusto, ma penso che il segreto sia nella scelta e nell’abbinamento, non nell’avere 10.000 paia diversi.

Quali sono le tue preferite e quali, anche se non le usi o le usi poco, non devono assolutamente mancare nella tua scarpiera?
Quando c’è l’occasione mi piace anche mettermi il vestito e i tacchi. Di solito, però, preferisco le scarpe comode per arrivare ovunque.

Segui la moda?
Non particolarmente, lo faccio un pò a periodi. Mi piacciono le persone vestite bene.
Generalmente, però, credo che per esprimere la propria personalità non ci sia il bisogno di seguire la moda.

Come riesci a organizzare la tua vita di donna e di ciclista?
Per me essere donna ed essere femminile è molto importante.
Questo sport è dominato dagli uomini e, non essendo in tante, penso che noi donne dovremmo mostrare la nostra femminilità. Che non vuol dire essere per forza sexy, evidenziare l’essere donna in modo da dimostrare forza, sicurezza in se stesse, determinazione e intelligenza.
Poi il fatto che noi donne siamo anche belle è solo un punto in più. ;)

Al destino ci si adatta o lo si adatta?
Il destino è solo la conseguenza di tutto il lavoro che facciamo.
Bisogna dare il meglio in ogni situazione, continuando a lavorare e a combattere per i propri sogni e per i propri obiettivi.

La tua nomination e la motivazione…
Voglio nominare la mia amica Julia Tanner.
Abbiamo iniziato con il Cross Country e gareggiato insieme. Anche lei ha provato a fare un po’ di gare di Downhill e di Enduro e alla fine è ritornata all’XC. Ora fa gare nazionali e internazionali.
Voglio nominare lei perché siamo amiche da tanto tempo e ancora andiamo in bici insieme.

“Ringrazio cicliste.eu per avermi dato l’opportunità di fare questa intervista. Auguro a tutti i lettori buon Natale, delle belle feste in famiglia e con i propri cari e un bellissimo start con l’anno nuovo. Che sia un 2018 con tanti momenti belli... in bici! - Veronika Widmann”

Ilenia Milanese
cicliste.eu

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