Stefano Franco e il suo impegno nel mondo del ciclismo femminile, tra passione, casualità e opportunità. Tra esperienza, ricordi e speranze.
26 dicembre 2017 - Prima semplice spettatore, poi ciclista ed ora direttore sportivo.
Stefano Franco - classe 1965 - ha conosciuto il mondo del ciclismo nella sua varietà, dall’interno e dall’esterno, da puro appassionato e da agonista, da genitore e da allenatore, facendo esperienze sia nel settore maschile, sia in quello femminile. Settore al quale si è avvicinato per caso, dal quale però non si è più allontanato.



È proprio con le donne, infatti, che continua la sua carriera di allenatore ed ora, conclusa la strepitosa stagione con la S.C. Vecchia Fontana, si prepara ad affrontare una nuova avventura...

Come e quando si è avvicinato al ciclismo?
Sin da piccolo mi piaceva guardare le gare ciclistiche trasmesse alla televisione e, quando c'era l'occasione, andavo a vedere le gare che magari si tenevano vicino a casa.
Crescendo e dopo tanta insistenza con i miei genitori sono riuscito a convincerli a farmi tesserare in una società all'età di quattordici anni.
Ho praticato questo sport a livello agonistico fino alla categoria dilettanti. A vent'anni, per assolvere agli obblighi di leva ho smesso e non ho più ripreso, ma ho conservato una grande passione verso questo sport.

Cosa l’ha spinta e perché ha deciso di fare l’allenatore?
Dopo anni di lontananza da questo mondo mi sono riavvicinato a questo sport quando mio figlio ha deciso di praticarlo.
Nella squadra in cui correva mio figlio ho maturato l'interesse verso il mondo inerente alla preparazione dei ciclisti e quindi ho deciso di frequentare il corso base per l'allenamento delle categorie giovanili, senza però avere alcuna intenzione di fare effettivamente l'allenatore.
L'occasione mi si è presentata quando, all'interno della società ciclistica Giulio Zanon, la categoria dei giovanissimi si è trovata senza alcun allenatore e dunque il presidente mi ha chiesto se potevo dare una mano, così ho accettato.

La sua carriera da direttore sportivo è iniziata, quindi, con la squadra di giovanissimi della S.C. Giulio Zanon di Cadoneghe.
Per le bambine e i bambini che si ritrovano gomito a gomito a prepararsi e a gareggiare come compagni e avversari, quali sono i pro e i contro (se ce ne sono)?
Trattandosi di bambini l'approccio che io ho adoperato come allenatore è stato quello di insegnare loro tramite un'attività ludica, attività che però era finalizzata all'acquisizione delle varie capacità coordinative, indispensabili per ogni ciclista anche di livello professionistico e acquistabili solo nella prima fase di crescita.
Ho sempre cercato di insegnare ai miei atleti, anche se bambini, i valori dello sport e quindi il rispetto per l'avversario e per i compagni.
Questo approccio, a mio modo di vedere, è risultato proficuo sia in termini di rapporti umani instaurati, sia a livello di soddisfazione personale.
Purtroppo ci sono anche i lati negativi.
Questi si evidenziano soprattutto durante le gare, dove alcuni genitori, magari ex ciclisti, vedono e considerano solo le vittorie e non i progressi fatti dal loro figlio, mettendo la competizione al primo posto quando invece, in questa fase d'età, i risultati sono determinati principalmente dallo sviluppo fisico.

Dopo questa prima esperienza, si è dedicato esclusivamente alle categorie maschili. Quando e per quale motivo ha deciso successivamente di proseguire il suo lavoro proprio con le donne?
Dopo aver allenato per alcuni anni la categoria giovanissimi ho proseguito la mia formazione come tecnico fino ad acquisire il terzo livello, necessario per allenare le categorie internazionali. Ho quindi proseguito la mia carriera di allenatore seguendo la categoria allievi, sempre all'interno della società ciclistica Giulio Zanon.
Il passaggio alle categorie femminili è avvenuto per puro caso quando, cambiando società ciclistica, sono approdato alla Vecchia Fontana, una società ciclistica formata da ragazze. All'inizio di quella stagione ero solamente tesserato come direttore sportivo, ma non ero il tecnico della squadra. Dopo un piccolo ritiro delle ragazze, a cui ho partecipato in qualità di accompagnatore, ho iniziato a nutrire interesse verso la categoria femminile e mi è stata quindi offerta la conduzione tecnica della squadra esordienti e allieve a partire dall'anno successivo.

Quali aspetti caratteriali sono assolutamente necessari ad una persona che vuole fare l’allenatore di ciclismo? Per farlo con bambine e ragazze, sempre considerando il carattere, serve avere qualcosa di diverso?
A mio modo di vedere non serve assolutamente qualcosa di diverso per allenare le ragazze piuttosto che i ragazzi.
Ciò che ritengo fondamentale per essere un buon allenatore è avere un'ottima preparazione e competenza, mentre a livello caratteriale ritengo utile avere una buona capacità di dialogo con gli atleti.
Quando alleno spiego sempre le motivazioni sottostanti all'esecuzione di un esercizio o di un allenamento perché ritengo fondamentale che l'atleta capisca su che cosa sta lavorando.
È inoltre fondamentale essere comprensivi, ma risoluti perché non ci si deve dimenticare che l'allenatore deve servire da esempio, ma sopratutto deve essere un punto di riferimento per tutta la squadra.

Tra le varie categorie (allieve, esordienti, juniores), quale ritiene più impegnativa per un allenatore e per quali motivi?
Tutte le categorie hanno un certo grado di difficoltà sotto certi aspetti.
Nella categoria esordienti ed allievi per esempio la difficoltà sta nell'essere consapevoli di trovarsi di fronte ad atleti ancora non completamente formati, di conseguenza si debbono insegnare le basi del ciclismo e la tecnica, senza concentrarsi esclusivamente sulla prestazione agonistica (anche se nella categoria allievi presenta già una rilevanza maggiore).
La categoria che però ritengo più impegnativa nel suo complesso è quella juniores, sopratutto per il settore femminile perché nelle gare “Open” si devono confrontare con atlete professioniste. La categoria è di livello internazionale (le atlete per la prima volta competono nella Coppa delle Nazioni, Campionati Europei e Campionati del Mondo) e la preparazione deve essere di conseguenza curata nei minimi dettagli. Nulla può essere lasciato al caso.

Attualmente ricopre l’incarico di direttore sportivo nella S.C. Vecchia Fontana, società che negli anni ha allevato più di qualche talento.
A proposito di talenti, la loro presenza all’interno di una squadra é un fattore che influenza e influisce sugli equilibri tra le ragazze? E tra le stesse e l’allenatore?
Innanzitutto ritengo che un talento sia tale indipendentemente dal colore della maglia che indossa.
È compito di ogni buon allenatore riconoscere e curare un talento, talento che ovviamente influenza in maniera positiva la squadra perché può essere un punto di riferimento per le compagne e uno stimolo a fare meglio per tutti.
Per quanto riguarda le influenze negative che questo può portare tra le ragazze direi che molto dipende dalla squadra perché questa dovrebbe garantire e incentivare i momenti di aggregazione tra le atlete, senza pensare solamente al mero risultato. A volte un ritiro o una pizzata in compagnia sono semplici, ma efficaci rimedi per evitare gelosie, rabbia o invidia tra le ragazze.
Per quanto mi riguarda le persone sono tutte uguali e dunque tratto tutte le ragazze allo stesso modo senza mai dimenticarmi che per ottenere dei risultati è necessaria la partecipazione e il lavoro di tutta la squadra.
Ovviamente come suggerisce il termine talento è chiaro che questo abbia doti e capacità superiori agli altri, ma non si deve dimenticare che ogni atleta è diverso e bisogna saperlo valorizzare nel giusto modo, secondo le proprie caratteristiche.

Ripensando alla sua vita dedicata al ciclismo, qual è il ricordo più bello?
Nel corso degli anni ho avuto tanti bei ricordi e molte soddisfazioni grazie alle ragazze che ho allenato.
Non mi sento di scegliere un ricordo più bello in assoluto rispetto agli altri. Li conservo tutti con grandissimo affetto ed emozione.

E quello che più che un ricordo, definirebbe un regalo?
La maglia Tricolore, Europea e di Campionessa del Mondo che mi hanno regalato rispettivamente tre tra le ragazze che ho allenato nei diversi anni.
La maglia Tricolore di Chiara Pierobon, la maglia di Campionessa Europea di Beatrice Bartelloni e la maglia di Campionessa del Mondo di Letizia Paternoster.

Da quando ha iniziato ad oggi, che cambiamenti ha visto nel mondo ciclistico femminile?
Molti cambiamenti.
Negli ultimi dieci, quindici anni il livello del ciclismo femminile si è molto evoluto, le gare sono molto più combattute e il livello si è alzato notevolmente.
Il ciclismo femminile si sta avvicinando sempre di più a quello maschile.

Il lato femminile del ciclismo (e dello sport italiano in generale) viene ancora troppo spesso oscurato da quello maschile: a parità di fatica, impegno e tenacia, a parità di conquiste e risultati raggiunti sui palchi nazionali, continentali e mondiali, vengono dati comunque spazi ed opportunità maggiori agli uomini.
Cosa dovrebbe cambiare innanzitutto affinché le donne non vengano discriminate e chi si dovrebbe muovere perché questo avvenga?
Esattamente come ha detto lei il ciclismo femminile porta molte soddisfazioni, prova ne sono le numerose vittorie a livello internazionale delle nostre azzurre, in tutte le discipline (strada, cronometro, pista).
Per combattere questa discriminazione si dovrebbe dare più spazio nei media a questo mondo. Per farle un esempio quando ci sono gare ciclistiche dei professionisti uomini e delle professioniste donne nello stesso giorno e nello stesso luogo la televisione e i giornali dedicano troppo poco spazio alle notizie riguardanti la gara femminile.

Quali saranno i suoi impegni ed obiettivi per la prossima stagione?
Per quanto riguarda la prossima stagione il mio impegno sarà con una squadra di ragazze élite e come sempre l’obiettivo sarà fare del mio meglio. Ovviamente.

...come si chiama il suo impegno per l’anno prossimo?
Il nome della squadra per l’anno prossimo è Astana Women Team.
Ci sono sei ragazze italiane che già ho avuto modo di conoscere in un piccolo ritiro, le altre straniere ancora non c’è stata occasione.

Le italiane sono:
Letizia Paternoster
Elena Pirrone
Martina Alzini
Lara Vieceli
Sofia Bertizzolo
Sofia Beggin

È la sua prima esperienza con delle élite?
Diciamo che nel 2012 ho seguito la squadra del Verso l’Iride con una formazione di élite di ragazze al primo anno, ma non era certo a questi livelli.
Speriamo di fare una buona stagione.

Auguriamo a Stefano Franco di raggiungere i suoi obiettivi, magari aumentando quella serie di regali che questo sport ha donato, non solo a lui, ma anche all’intero mondo delle due ruote e all’Italia.
Buon lavoro a lui e a tutte le ragazze dell’Astana Women Team!

Ilenia Milanese
cicliste.eu

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